Tavolo rotondo emiliano di epoca neoclassica.
Lastronato in noce, in prima patina, con piano a spicchi, piede a sciabola.
Epoca: primi anni del 1800
Misure: diametro cm 110
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(R,SF)
Per saperne di più:
La lastronatura è una tecnica seicentesca utilizzata per rivestire la struttura dei mobili con lastre di essenze pregiate. SI utilizza questo procedimento per ricoprire un legno mediocre o di aspetto scadente. I legni utilizzati più pregiati sono: noce e mogano.
Come si faceva?
Per sfruttare al meglio la tecnica della lastronatura serviva grande abilità manuale. La prima cosa era ricavare i lastroni dal tronco dell’albero. Questi venivano tagliati con delle seghe a telaio in senso verticale. Dopodiché le lastre venivano modellate sul mobile.
Nel XVIII secolo questa tecnica fu molto in voga; veniva utilizzata sia per la lavorazione dei mobili sia per le suppellettili delle chiese. È proprio in questo secolo che gli ebanisti acquistano una grande abilità e praticità con la lastronatura. Iniziarono, quindi, ad utilizzarla anche per i mobili più complicati come quelli curvilinei e su modanature pronunciate. In più iniziarono ad utilizzare legni esotici combinati a particolari procedimenti per ottenere delle raffinatissime decorazioni.
Un motivo particolare di questa tecnica è il “quadripartito”. Si ottiene tagliando la lastra a 45 gradi. Il motivo era ricavato da un unico pezzo così da ottenere figure identiche ma contrapposte a forma di x o a lisca di pesce.
Gli spessori della lastronatura
A seconda dello spessore della lastra utilizzata varia il termine utilizzato per identificare la lastronatura. Ecco qua i principali:
“Lastra” quando lo spessore era dai 5 a 8 mm; in voga dal XV al XVI secolo
“Lastrone” quando lo spessore era dai 3 a 5 mm; in voga da XVI al XVII secolo
“Piallaccio” quando lo spessore era dai 2 a 3 mm; in voga da XVII al XIX secolo
“Impiallacciatura” quando lo spessore era da 0,8 a 1 mm; in voga dal XIX al XX secolo
Ai giorni nostri, invece, si usa una lastra da 0,3 a 0,5 mm ma si identifica ancora con il termine “impiallacciatura”
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