Quadro antico “Sant’Antonio col bambino”, olio su tela di pittore emiliano del XVIII secolo
Misure: cm 68 x 55
Epoca: 1700
Un bel mazzo di gigli e il bimbo sulle braccia sono gli attributi fondamentali che ci identificano qui il santo di Padova, avvolto da una luce che irradia da dietro un tendaggio sottolineato dalla graziosa nappa e che segue l’andamento della composizione sottostante.
Dipinto devozionale dai tratti semplici e diretti di una pittura dal gusto evidentemente popolare. Sono molte le opere dedicate al santo prodotte a cavallo tra il ‘600 ed il ‘700 con le più varie intenzioni, dall’ex voto all’intercessione, sant’Antonio infatti è protettore di numerose categorie tra le quali orfani, prigionieri, donne sterili, donne incinte, bambini ammalati, commercianti e soldati.
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(D,S) D,SM
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Le origini della pittura a olio affondano le radici nell’antichità; ne davano notizia già Marco Vitruvio Pollione, Plinio il Vecchio e Galeno. Teofilo (monaco) la riporta nel De diversis artibus, un celebre ricettario della prima metà del XII secolo e, alla fine del Trecento, la cita Cennino Cennini nel Libro dell’Arte. Non è pertanto da prendere alla lettera la leggenda, riportata anche dal Vasari nelle sue Vite, secondo cui Jan van Eyck fu l’inventore dei colori a olio; è certo, invece, che i pittori fiamminghi del XV secolo perfezionarono questa «nuova e prodigiosa maniera di colorire», ovviando ad alcuni inconvenienti.
Fu comunque dalla metà del XV secolo che l’olio conobbe una straordinaria diffusione, prima nelle Fiandre e poi, dagli anni sessanta e settanta del XV secolo, in Italia. Gli italiani utilizzavano già questa tecnica, soprattutto in combinazione con altre, come la pittura a tempera (ad esempio, fu usata per la realizzazione di alcune parti della Pala Colonna di Masaccio), ma le prime opere eseguite interamente ed esclusivamente a olio comparvero soprattutto nelle città che per prime accolsero la cultura fiamminga, come Urbino, Ferrara, Napoli, Roma e, in seguito, Venezia. L’introduzione della tecnica a olio in Italia è tradizionalmente attribuita ad Antonello da Messina, che nella sua città natale e a Napoli poté entrare in contatto diretto con artisti catalani e fiamminghi, tra cui Petrus Christus. Il suo esempio sarebbe poi stato seguito da Piero della Francesca, Giovanni Bellini e altri.
La pittura a olio, inizialmente stesa su supporto ligneo, dal XVI secolo si affermò anche su tela, dando origine a una modalità quasi esclusiva (la locuzione ‘olio su tela’ esprime la quasi totalità della produzione figurativa a olio sino al XIX secolo) che nella tecnica pittorica mutò solo con la comparsa dei colori acrilici.
Anticamente il pittore realizzava da se stesso i colori, lavorando la materia prima che doveva essere ridotta finemente in polvere, lavata (purificata) ed infine macinata con l’olio. Per compiere il procedimento era necessario avere esperienza e scegliere fra i vari pigmenti quelli che potevano essere mescolati senza creare reazioni di incompatibilità, per non pregiudicare irrimediabilmente il dipinto nel tempo, come avvenne nei secoli passati a causa di esperimenti mal riusciti.
I colori a olio contengono pigmenti polverizzati in prevalenza di origine minerale, ma non mancano colori ottenuti da terre, da sostanze vegetali (delicati e rapidamente deperibili; perciò, sebbene alcuni abbiano un notevole potere pigmentante, sono assai di rado utilizzati) o di origine animale.
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